L'età nuragica
Tanca Manna
Tanca Manna

L’espressione civiltà nuragica fu usata per la prima volta dal grande archeologo Giovanni Lilliu per indicare l’insieme delle comunità che vissero in Sardegna e le loro conquiste culturali tra l’Età del Bronzo (1700-1000 a.C.) e del Ferro (1000-500 a.C.).

L’eredità più evidente che quest’epoca ci ha tramandato è rappresentata dalle migliaia di edifici turriti, i nuraghi appunto, che nella seconda fase della loro storia divennero il simbolo di un passato da venerare: furono adibiti a luoghi di culto e riprodotti in modelli di pietra e di bronzo.

Il nuraghe, diffuso su tutto il territorio, rappresentava l’identità degli antichi abitanti dell’Isola e, nonostante le differenze a livello locale, le varie popolazioni erano unite da un’unica idea di società.

Questa era basata principalmente su un’economia di autosussistenza e traeva il proprio sostentamento dall’agricoltura e dall’allevamento.
Il sistema agricolo era molto avanzato e rimase abbastanza stabile nel tempo. Le più importanti colture erano cerealicole: frumenti nudi (Triticum aestivum e durum) e orzi vestiti (Hordeum vulgare). Ma un ruolo rilevante era ricoperto anche dalla coltivazione delle leguminose, tra cui fave (Vicia faba), piselli (Pisum sativum) e lenticchie (Lens culinaris). La dieta vegetale era poi ampliata dal consumo di specie selvatiche come il fico (Ficus carica), il lentischio e l’uva selvatica (Vitis vinifera subsp. sylvestris). Quest’ultima, almeno a partire dal Bronzo Recente (1350-1200 a.C.), fu addomesticata per la produzione di vino: è infatti sarda la più antica attestazione di vite domestica nel Mediterraneo occidentale.

Anche l’allevamento aveva una grande importanza: pecore e capre erano preziose per la produzione di carne e latte, mentre i bovini erano utilizzati prevalentemente come forza lavoro per trainare carri e aratri. I suini, in grado di alimentarsi da soli, erano tenuti allo stato brado.
Tutti questi animali, oltre ad essere una ricca fonte di proteine, venivano sfruttati in tutte le loro parti: le pelli e la lana per gli indumenti, le ossa per gli strumenti utili alla vita quotidiana (punteruoli, aghi, spatole, ornamenti ecc.).

Un ulteriore apporto di cibo era fornito dalla pesca (nei villaggi costieri) e dalla caccia, in particolare di cinghiali, cervi, mufloni, ghiri, prolagus.

Sono numerosi gli oggetti utilizzati nella vita quotidiana arrivati sino a noi, soprattutto vasi di ceramica che servivano per immagazzinare gli alimenti o per cuocerli.

La società nuragica era autosufficiente e autonoma ma pienamente inserita nel suo contesto mediterraneo, un luogo che nell’Età del Bronzo era stato interessato da un aumento dei traffici e degli scambi (di beni e di idee) tra le tante popolazioni dei tre continenti bagnati dal mare nostrum.

I metalli erano le merci più preziose che attraversavano il Mediterraneo e, per quanto riguarda la Sardegna, il rame era senz’altro il più importante: questo veniva trasportato in lingotti, spesso a forma di pelle bue (in inglese ox-hide), il cui ritrovamento ha permesso di ricostruire i traffici anche su lunghe distanze.

01.

Protonuraghi

I protonuraghi sono noti anche come nuraghi arcaici perché rappresentano le prime costruzioni di questo tipo ad essersi sviluppate in Sardegna.
Non sono sempre facili da individuare, attualmente se ne contano circa 400, ma è facile supporre che il loro numero in antichità fosse nettamente maggiore.
Questi edifici avevano pianta circolare, trapezoidale o ellittica e per la loro costruzione venivano utilizzati grossi blocchi di pietra poco rifiniti.
Potevano avere uno o più ingressi architravati e la loro struttura interna era caratterizzata da uno o più corridoi che attraversavano l’intero edificio.

Un’evoluzione dei protonuraghi è rappresentata da un edificio in cui il corridoio, dopo un primo tratto più stretto e basso, si amplia presentando una copertura a forma di chiglia rovesciata (protonuraghe a camera naviforme).
È probabilmente a partire da questa tipologia che in seguito verrà sviluppata la copertura detta a tholos, ossia quella tipica del nuraghe che tutti conosciamo.

02.

Nuraghi semplici

È possibile che il passaggio dai protonuraghi a nuraghi semplici sia avvenuto alla fine del Bronzo Medio, in un periodo a cavallo tra il XVII e il XVI secolo a.C.
La loro diffusione fu talmente vasta che ancora oggi migliaia di questi edifici punteggiano dappertutto il panorama della Sardegna.

Il nuraghe è una torre a forma di tronco di cono che ha al suo interno almeno una camera circolare. Questa presenta una copertura costituita da file circolari di blocchi di pietra che sporgono verso l’interno, detta tholos.

La struttura è realizzata con pietre irregolari di grandi dimensioni alla base che, all’aumentare dell’altezza, diventano via via più piccole e ben squadrate.
La tecnica utilizzata per la messa in opera è quella della muratura a secco, anche se in alcuni casi è stata rinvenuta una malta d’argilla con inzeppature di piccole pietre che dava una maggiore uniformità alla struttura.
L’ingresso architravato è solitamente orientato a sud/sud-est e immette in un piccolo ambiente: a sinistra si trova la scala d’accesso ai piani superiori, a destra, di norma, si apre una nicchia.
La camera è collocata di fronte all’ingresso, ha forma circolare e, come detto, copertura a tholos. Anch’essa può presentare una o più nicchie: in molti casi sono tre, disposte a forma di croce (una davanti all’ingresso e due ai lati).
Le scale conducono alle camere superiori (generalmente due o tre) sempre di forma circolare con copertura a tholos ma di dimensioni minori rispetto alla camera principale del piano terra.
Sulla sommità del nuraghe in origine c’era un terrazzo, probabilmente in legno, sorretto da mensoloni di pietra. Oggi a causa della deperibilità del legno queste parti dell’edificio non si sono conservate.

Un indizio fondamentale per capire come fossero queste strutture è fornito dai numerosi modellini di nuraghe, in bronzo o pietra, realizzati in antichità, che si sono conservati fino ai giorni nostri.

03.

Nuraghi complessi

I nuraghi complessi sono strutture di grandi dimensioni costituite da due o più torri.
In genere, alla torre principale edificata in un primo momento, ne venivano aggiunte altre, spesso di dimensioni minori. Non sono rari però i casi in cui il nuraghe complesso è frutto di un progetto unitario secondo il quale tutte le torri, la principale e le secondarie, sono state edificate nello stesso momento.

Le torri sono, in alcuni casi, collegate fra loro da muri rettilinei, la loro giunzione dà origine a un’imponente struttura, detta antemurale, che circonda gli edifici formando un ampio cortile interno. Qui, spesso, veniva scavato un pozzo per la raccolta delle acque piovane o per la captazione di quelle di falda.

04.

Tombe dei giganti

Le tombe dei giganti erano il luogo di sepoltura utilizzato dalle comunità nuragiche; sepolcri collettivi dove i defunti venivano deposti senza distinzione di sesso o di età.
La loro configurazione deriva dalle allèe couverte, antiche strutture funerarie diffuse sin dal Neolitico in tutta l’Europa occidentale, e soprattutto in Francia.

Come le allèe couverte anche le tombe dei giganti presentano un lungo corridoio coperto dove venivano collocate le salme. In una prima fase questo era costituito da grandi lastre verticali, mentre, successivamente, da pietre di medie dimensioni disposte a filari.

La caratteristica distintiva delle tombe dei giganti è rappresentata dall’esedra: uno spazio a pianta semicircolare posto davanti al corridoio, delimitato da lastre verticali in una prima fase, e da filari di pietre più piccole in un secondo momento. Al centro di questa struttura semicircolare, in corrispondenza del corridoio, veniva eretta una grande stele centinata (nelle tipologie più antiche) o una struttura architravata (in quelle più recenti).
Alla base della stele si trova una piccola apertura (presumibilmente di valenza simbolica) che dà direttamente all’interno del corridoio absidato.

L’esedra delimitava un’area cerimoniale dove probabilmente si compivano i riti funerari prima di deporre gli inumati all’interno della sepoltura.
Le tombe dei giganti sono state in uso per un tempo molto lungo e attestano l’esistenza di un culto degli antenati almeno fino al XIII secolo a.C., quando cominciarono a svilupparsi nuovi aspetti religiosi e nuovi rituali legati al culto delle acque, come testimoniano i primi templi a pozzo e le fonti sacre.

05.

Pozzi e fonti

Durante le prime fasi della civiltà nuragica (tra il 1700 e il 1300 a.C. circa) le comunità dell’Isola praticavano un culto degli antenati che comprendeva, tra l’altro, dei cerimoniali funerari presso le tombe dei giganti.

Intorno al XIII secolo a.C., però, iniziarono a diffondersi nuovi culti legati alle acque che indussero gli antichi sardi a edificare fonti e pozzi sacri. Mentre le fonti intercettavano gli affioramenti superficiali, i pozzi captavano le vene più in profondità nel sottosuolo.

Questo cambiamento è un indizio delle trasformazioni che stavano avvenendo all’interno delle comunità sarde tra il Bronzo Recente e Finale (1350-1000 a.C.): il modello insediativo incentrato sul nuraghe stava entrando in crisi e i nuovi luoghi di culto assunsero un ruolo fondamentale all’interno della società. La gestione di questi centri cerimoniali acquisì un’importanza sempre maggiore in cui interessi economici e politici si sommavano al potere religioso; si pensi per esempio ai bronzetti nuragici: meravigliose statuette votive realizzate in un materiale prezioso come il bronzo, che, dopo essere state commissionate e prodotte, venivano offerte dai fedeli alla divinità e raccolte dai sacerdoti, costituendo di fatto la vera ricchezza del tempio.

Copyright © Tanca Manna Privacy Policy Cookie Policy Powered by Inoke